2013-11-18

Kimono

Scrivo come al solito dalla sala pc dell'edificio 22 di Waseda, nell'ora libera prima della lezione delle 4 e mezzo. So che ci tenevate a saperlo.
Ieri ho passato una giornata memorabile insieme alla mia amica giapponese. Il tempo era bellissimo, quindi abbiamo tenuto fede al nostro piano di metterci in kimono e andarci a fare un po' di fotografie.
La nonna di questa mia amica ci ha vestito, in maniera impeccabile. Oltre a imbottirci con un sacco di sottovesti, asciugamani e fasce (per rendermi un po' più simile all'ideale di corpo tubolare nipponico), ci ha legato l'obi in due modi diversi e ci ha acconciato i capelli. Alla fine l'effetto era bello pure su di me. I vestiti erano due furisode, un tipo di kimono formale a manica lunga e molto decorato, indossato dalle ragazze non sposate, solitamente per la cerimonia di passaggio all'età adulta, a 20 anni. La mia amica ha indossato il suo, mentre a me hanno dato addirittura quello di sua madre, bellissimo, sui toni del blu, del verde e dell'arancio, simile a quello che ho comprato a Kyoto nel 2009.


Per farci le foto siamo andate prima nel campus di Waseda, data la vicinanza, ma non trovando molte location decenti ci siamo spostate in un santuario, il Mizu Inari, e abbiamo fatto le foto all'interno e nel grande giardino.
Tornate a casa della nonna, abbiamo fatto tutti insieme una specie di pranzo/merenda con onigiri, taiyaki e tè. Poi è venuto il mio turno di offrire qualcosa, quindi ho fatto il caffè con la mia macchinetta italiana e ho offerto alcuni dolcetti pugliesi arrivati nel pacco di qualche settimana fa. Passare questa giornata in famiglia, con mamma, genitori, nonni e zia mi ha ricordato molto i pomeriggi invernali con la mia famiglia in campagna. La nonna mi chiama "Teru-chan" e ha messo da parte per me uno hakama viola per la mia cerimonia di consegna del diploma (non so nemmeno se ci sarà, ma voglio trovare il modo di indossarlo comunque).
Oltretutto, quando siamo poi tornate verso casa, abbiamo incontrato una buona parte degli abitanti delle due gigantesche mansion in cui viviamo, e tutti (la mia host family compresa, ovviamente) ci hanno fatto un sacco di feste. Non so se è perché viviamo in periferia, ma quasi tutti gli abitanti delle case intorno si conoscono e sono amici fra di loro. Molti hanno figli adulti che vivono da soli, quindi si sentono responsabili anche dei figli altrui. Mi sento un po' adottata, e questo mi rende profondamente felice. Tutte le volte che mi arrabbio con i ragazzi giapponesi a scuola perché non mi danno confidenza fortunatamente penso a queste persone, soprattutto alla mia host family e alla mamma della mia amica che qualunque cosa faccia è fiera come se fossi sua figlia.


La sera ho cenato sempre con loro, e ho mangiato uno shabu-shabu che faceva commuovere da quanto era buono. Mi piace il senso di condivisione che viene dal prendere tutti il cibo dalla stessa pentola al centro del tavolo. Se la fine della giornata di sabato mi aveva depresso, la giornata di ieri mi ha dato molte speranze. Dai, forza, giapponesi, anche voi avete delle buone possibilità di essere felici nella vostra vita. Come mi ha detto la mia amica ieri (in italiano): "Di strade ce ne sono tante in realtà, solo che spesso le persone ne vedono solo una". Persona saggia.

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